COMUNICATO STAMPA
SOPRINTENDENZA ARCHEOLOGIA BELLE ARTI E PAESAGGIO
PER LE PROVINCE DI LUCCA E MASSA CARRARA
Mercoledì 17 novembre il Corpo della Guardia di Finanza di Venezia ha consegnato alla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Lucca un reperto archeologico che in sé racconta diverse fasi e molteplici aspetti della storia lucchese e, in questo modo, costituisce un tassello significativo del quadro culturale italiano.
Si tratta di un’urna marmorea rinvenuta nel 1785 nell’attuale Piazza Bernardini, allorché un’importante famiglia di Lucca, i Bernardini appunto, rasò al suolo un intero quartiere di origine medievale, con relativa chiesa, per aprire davanti al proprio palazzo la piazza che oggi porta il suo nome. Secondo le cronache locali, quei lavori portarono alla luce, oltre a quest’urna, vari busti e bassorilievi antichi. Questo oggetto in particolare risulta essere conservato nella corte interna di palazzo Bernardini ancora nel 1836, ma fu successivamente venduto ad un antiquario e da allora se ne persero le tracce. Il passaggio fu del tutto legittimo in base alla normativa vigente al momento del rinvenimento.
Dal punto di vista archeologico, il reperto si colloca cronologicamente e topograficamente all’interno della cinta muraria romana di Luca. Proveniente dall’area orientale della città antica, quest’urna è collocabile intorno al I-II secolo d.C. L’iconografia, ottenuta a bassorilievo, annovera sul fronte principale una tabella per la dedica, posta al di sopra di una porta a doppio battente, con timpano superiore: il passaggio all’aldilà. La scena è incorniciata da scudi e ghirlande ed è fiancheggiata da due colonne tortili. Le facce laterali recano invece la rappresentazione dettagliata di un tripode, sovrastato da un volatile e affiancato da un lato da una colonna tortile e dall’altro da uno stipite con foglie.
L’iscrizione, citata anche nella sezione XXVII. LVCA del Corpus Inscriptionum Latinarum (C.I.L. XI, n. 1539 – All. 2), riporta la dedica di alcuni famigliari al parente defunto, Caio Villio “padre ritrovato ed ottimo patrono”. Alcuni dettagli tradiscono una certa difficoltà da parte del lapicida, spesso un artigiano analfabeta, che si limitava a copiare il testo senza comprenderlo. In particolare si ravvisa una gestione imprecisa dello spazio a disposizione, come si può notare dalle dimensioni non omogenee delle lettere, che sulla destra e in basso si accavallano alla cornice della tabella. Un’anomalia nella sigla finale inoltre, suggerisce una “distrazione”: l’abbreviazione D.M.D.D. (agli Dei Mani in dono) dovrebbe trovarsi all’inizio dell’epitaffio, mentre alla fine era uso scrivere piuttosto B.M.D.D., ovvero “dedicarono a colui che lo meritò”. Probabilmente l’artigiano ha fatto confusione sulla prima lettera.
Come anticipato in apertura, dunque, questo reperto si inserisce pienamente nel complesso succedersi di mode e avvenimenti lucchesi ed italiani: frutto della cultura romana, ne racconta aspetti sociali e rituali; sepolto e dimenticato durante le fasi medievale e postmedievale, tornò alla luce per la volontà di prestigio di una nota famiglia lucchese, che lo inserì nella propria collezione di antichità. Perso l’interesse, fu venduto e successivamente utilizzato come vasca o come vaso (si noti il foro su una delle facce). Oggi si riappropria della sua identità, arricchita ad ogni passaggio, suggellando l’ottimo lavoro della Guardia di Finanza di Venezia e la collaborazione fra Istituzioni.
La Soprintendenza di Lucca ha preso accordi con la Direzione Musei della Toscana, affinché l’urna sia esposta nel Museo Nazionale di Villa Guinigi, che per il suo legame con la storia e la cultura locali è cornice ideale per valorizzare appieno l’importanza dell’opera in relazione alla città di Lucca e alla storia del collezionismo antiquario. Rientrato fisicamente in città il giorno 18 novembre, attualmente il reperto è custodito presso il Museo stesso, in attesa dell’allestimento.
SOPRINTENDENTE: Dott.ssa Angela ACORDON
FUNZIONARIO ARCHEOLOGO: Dott.ssa Neva CHIARENZA